Categoria: La mia storia

Duke Nukem (seconda parte)

Da dove arrivava quel virus? Un sospetto ce l’ho: uno dei miei coscritti (ciao Dario!).

A quei tempi i virus per pc erano molto diffusi, molto piu’ che adesso, in proporzione.

Per vari motivi: il primo e’ che c’era poca cultura della sicurezza informatica, e, fondamentalmente, si faceva poca attenzione a cosa entrava e usciva, a parte aziende di una certa dimensione.

Il secondo motivo e’ che, fondamentalmente, spesso i virus venivano visti come “una seccatura tollerabile”. Finche’ non perdo dei dati, che problema c’e’? E molti virus, programmati meglio del “mio” Jerusalem B, cercavano di dare meno problemi possibile, proprio perche’ un virus che non da’ sintomi e’ molto piu’ facile che sia sparso in giro rispetto a uno che da’ problemi. Quindi alcuni sapevano benissimo di essere infetti, ma visto che il virus che avevano era tutto sommato tollerabile, andava bene cosi’.

Il terzo e’ che, ai tempi, c’era ancora una netta separazione tra “il ragazzo del computer” e l’utente comune. Il ragazzo del computer era un semidio che sapeva come far funzionare quel meccanismo misterioso chiamato pc, gli utenti si limitavano a usare il software e spesso non volevano sapere nulla di come funzionava un pc, si limitavano a usare Wordstar, 1-2-3 o Dbase e basta, senza “spingersi un po’ piu’ in là”. Questo vuol dire che molti comportamenti “sospetti” del pc (blocchi, lentezza, problemi random) erano visti come “ommioddio, chissa’ cosa ho fatto. E’ sicuramente colpa mia”. Adesso e’ diverso, ma quanti, ai tempi di Windows 95, vedevano gente che diceva “oh no…. si e’ bloccato il computer, chissa’ cosa ho combinato”, senza sapere che no, non e’ colpa tua: e’ il sistema operativo che e’ una porcheria e si e’ bloccato per i cavoli suoi. Quindi, se ad esempio, il pc si infettava con Cascade, e l’utente si trovava con il pc che, ogni tanto, si bloccava con le lettere a schermo che cadevano tipo Matrix, non pensava a un virus, ma classificava il tutto con “boh, che strano”, riavviava il pc e andava avanti.

Dopo qualche anno scelsi l’Itis, e nell’aula di informatica c’erano i mitici M24 (forse ne ho gia’ parlato) e mi sembra gli M19. Un giorno mi portai da casa un antivirus, e feci partire la scansione dell’hd di uno di quei bestioni di Olivetti: c’erano diversi virus. Anche nella scuola, quindi, di cultura sulla sicurezza ce ne era poca, o forse mancava il budget per gli antivirus. Ma anche li’, finche’ si riusciva a far girare 1-2-3, necessario per il laboratorio di fisica, o Turbo Pascal (e le prime versioni erano veramente frugali come richieste hardware), che problema c’era?

In effetti, se ci fosse proprio stata necessita’ di reinstallare tutto, i floppy originali c’erano. Formattone, reinstallazione e via, di nuovo il sistema pulito. Ma ancora: perche’ sbattersi a fare un lavoro che sarebbe stato mandato a ramengo dopo un paio di giorni al massimo? C’erano parecchi studenti a mettere le mani su quei pc, e quindi la probabilita’ di avere una nuova infezione (senza contare di tutti i pistola che cancellavano file a caso dal pc per vandalismo, o perche’ volevano installare un gioco sull’hd. Da quanto mi ricordo, in molti di quei pc mancavano degli overlay di 1-2-3) in poco tempo era altissima. Diciamo che si tirava un po’ a campare, o forse era una interpretazione un po’ troppo alla lettera di “if it ain’t broke, don’t fix it”.

 

Forse e’ ora che torni a parlare di Duke Nukem? Ma anche no. Il floppy originale fu anch’esso zappato senza pieta’ dopo l’infezione del mio Olivetti, e potei giocarci di nuovo solo dopo qualche anno, quando lo ritrovai su un cd di shareware (alcuni direbbero “shovelware”). Ma avevo gia’ perso interesse in quel gioco, erano i tempi di una nuova generazione, avevo gia’ messo le mani su Wolfenstein 3d e Doom.

Ma questa, come si suol dire, e’ un’altra storia.

 

Duke Nukem (prima parte)

Premessa: da questo momento spero di pubblicare piu’ roba, e piu’ spesso. Per il momento diciamo un articolo alla settimana.

 

 

Ok, diciamo che il gioco e’ solo una scusa per parlare d’altro.

Dunque… Duke Nukem. Parlo della prima versione di quel platform.

In quei giorni avevo finito da poco Prince of Persia (del quale prima o poi faro’ la recensione), ed ero in cerca di qualche giochino nuovo.

Stiamo parlando del 1992 o 93, internet ancora non ce l’avevo (forse nemmeno ne avevo mai sentito parlare), le bbs erano fuori portata (non solo perche’ allora un modem costava mezzo milione per un modello decente: il fatto e’ che i costi del telefono erano alti, e nella zona coperta dal mio prefisso telefonico non c’erano bbs, quindi bisognava fare un’interurbana per scaricare a 1 – 2 kilobyte al secondo).

Le possibilita’ di approvvigionamento erano essenzialmente due: farsi copiare i giochi da amici, o le riviste.

Il primo punto non era cosi’ efficiente: per prima cosa nella mia zona i pc erano pochi (anche per il fatto che nei primi anni 90 erano costosi, e molti genitori preferivano comprare i vari C64/spectrum perche’ costavano meno. E oltretutto i figli erano contenti, perche’ le cassette in edicola costavano poco e c’era una buona varieta’. Varieta’, intendo. La qualita’ e’ un’altra cosa. Faro’ un articolo su questo). Dei miei coscritti, tra frazioni e borgo, eravamo in quattro in tutto ad avere un pc e, non so perche’, non ci scambiavamo molti giochi.

Poi c’era il problema del costo dei floppy. A quel tempo un floppy era piuttosto caro, se non mi ricordo male una scatola da 10 mio padre l’aveva pagata 40 mila lire.

L’altra possibilita’ erano le riviste: la mia preferita, alla quale ero abbonato, era Pc Magazine + floppy. Una signora rivista, con prove serie di pc, test approfonditi, articoli su software e hardware anche esotico (diciamo che quando vedi una recensione di un ps2 da 12 milioni di listino, qualche domanda te la fai). Poi qualche numero di Pc Professionale (ai tempi il nome era meritato) e altre riviste “serie”. Riviste piu’ giocose ne ho comprate ben poche, ricordo un PcAction, con in allegato la demo di Pacific Island (ne trovate la recensione sul sito https://exvideogiocatore.blogspot.com) e di un gioco di tuffi (di questo fidatevi che non ne faro’ mai la recensione).

Insieme a queste riviste, giocose o seriose, con una “struttura” vera, con una redazione vera, giornalisti, e via dicendo, c’erano una serie di riviste piu’ raffazzonate e alla buona che erano poco piu’ che due righe con un cd/floppy allegato. E ovviamente sul floppy c’erano dei giochi freeware / shareware / public domain. Riviste che duravano pochi numeri e poi sparivano per sempre.

Una bella giornata mia madre mi carica in macchina perche’ voleva andare a fare due chiacchiere con una sua parente (tipo sorella della nonna della zia della cugina della prozia di una cugina della cugina della cugina di mia madre. Si’, nella mia famiglia una cosi’ e’ comunque “una parente”). Perche’ io fossi stato caricato in auto per accompagnare mia madre da una parente di cui ignoravo l’esistenza, e di cui ancor oggi mi chiedo “ma chi cacchio era questa?”, lo ignoro. Ma a quell’eta’ ignoravo parecchie cose riguardo a queste meccaniche di parentela (non che ora mi siano piu’ chiare: come si fa a chiamare “parente” una cosi’? A questo punto io potrei dire di essere intimo amico di Bill Gates, per la solita regola dei 6 gradi di separazione).

Ma durante il tragitto mia madre si ferma in edicola e mi dice di prendermi una rivista (aveva gia’ capito due cose: la prima e’ che sono facile da comprare, e con una rivista mi avrebbe tenuto buono. La seconda e’ che, dandomi da leggere, non avrei rotto tanto i maroni per tornarmene a casa nemmeno dopo due ore di chiacchiere tra mia madre). Visto che ero in astinenza da giochi scelsi una di quelle riviste putride (se non ricordo male quella era putrida veramente: due fogli A4 piegati nel mezzo e pinzati insieme, e un floppy, il tutto incellofanato insieme), con in allegato Duke Nukem.

Tornato a casa ho installato quel gioco sul mio mitico Olivetti PCS86, e ho cominciato a giocare. Mi e’ subito piaciuto, e ci ho passato parecchie ore.

Ma qui inizio’ il problema. Dopo pochi giorni quel gioco, dopo pochi minuti, rallentava vistosamente, con oltretutto degli artefatti grafici, tipo pezzi di schermo spostati. L’unico sistema era uscire e rientrare.

Mi sembrava molto strano che un gioco si comportasse cosi’, ma non era il solo software con problemi. Programmi che fino a un certo punto avevano funzionato senza problemi, ora nemmeno partivano, con errori di memoria insufficiente.

Dopo qualche settimane il pc divento’ inutilizzabile: nessun software partiva piu’, nemmeno la buona vecchia Dosshell (era un po’ l’ XtreeGold dei poveri).

A quel tempo i miei erano amici di uno che faceva l’informatico di professione (non ricordo esattamente se sviluppatore, sistemista o cos’altro). Questo si prese il pc, se lo porto’ via e lo riporto’ dopo qualche settimane, sistemato, con la diagnosi: c’era un bel virus, il Jerusalem B.

Ovviamente rimuovere il virus e basta era visto come “pericoloso”, meno sicuro di una zappatura completa, quindi il pc era stato formattato, e l’unico software sopra era il dos.

Analogo destino seguirono tutti i floppy non rigorosamente protetti da scrittura fin dal momento dell’acquisto, che il bastardone in questione aveva infettato. Praticamente mi sono trovato da un giorno all’altro con un decimo di quello che avevo prima.

Da cosa nasceva quello strano comportamento per il quale niente riusciva piu’ a caricarsi in ram? Dal fatto che il Jerusalem B aveva un bel bug: non riconosceva i file gia’ infettati, e continuava ad aggiungere il suo codice al fondo dell’eseguibile, col risultato che ogni file veniva reinfettato ad ogni esecuzione. Quindi ogni volta la dimensione aumentava e aumentava, fino a rendere impossibile il caricamento in ram (per dire: Dosshell era aumentato da circa 100 kb a quasi 600 kb).

Continua…

 

Compaq: croce e delizia

Volete farmi venire il magone? Pronunciate “Compaq”.

Per chi non lo sapesse, la Compaq è stata una delle più grandi aziende al mondo di pc, server e workstation.

Poi, con una delle oculate operazioni dei soliti “menagger”, è stata fusa con la HP, che ha avuto la splendida idea di farla sparire dal mercato.

Per un po’ i marchi erano entrambi presenti, poi un po’ per volta il marchio Compaq è stato svalutato a tal punto che negli ultimi tempi era presente solo più su alcuni notebook da supermercato.

Ora tu, grandissima testa di m****** prendi un’azienda come la Compaq, la paghi 24 MILIARDI DI DOLLARI  e la fai diventare il marchio da mettere su un portatile che anche una scimmia schiferebbe?

Ok, la Compaq sono anni e anni che non è diventata praticamente sconosciuta al grande pubblico (e vedendo su che pc era messo quel marchio, molti avranno pensato a qualche azienda cinese che costruisce computer usando le unghie dei piedi), ma ha una storia immensa.

E saperla morta e sepolta (in realtà il marchio forse viene ancora usato, ma sono anni che è praticamente sparito), sapendo cos’era la Compaq, mi dà veramente il tormento. Per i capricci di alcuni menagger, per di più.

 

Comunque mi dà l’occasione di parlare del mio secondo pc: un Presario 425.

Mio padre mi comprò questo pc a patto che vendessi quello che avevo, il PCS86.

Trovai un tipo del mio paese che era interessato: venne a casa mia con una rivista, dicendo che aveva trovato lì sopra dei software che gli interessavano, e che se avessero potuto funzionare sul mio pc, l’avrebbe comprato. Per fortuna erano tutti programmi che giravano sull’8086 che montava il PCS86 (in realtà era un 8086 compatibile, o 8088? non ricordo), e concludemmo l’affare.

Ed è stata una bella botta di c…ortuna, perchè a quei tempi era già uscito il 486dx2, quindi trovare software da far girare sull’8086 non era così facile.

 

Dopo pochi giorni arrivò il nuovo mostriciattolo: un Presario 425 all-in-one, con monitor e unità centrale fusi insieme.

486SX a 25mhz, 4 mb di ram, disco da 120 mb, estetica splendida, e soprattutto marchiato Compaq, che per me allora era il massimo assoluto.

Certo, la linea Presario era pensata per l’utenza SOHO, non era la Prolinea, ma era comunque un sogno.

Usciva di fabbrica col Dos 6 e Windows 3.1, che in quegli anni stava avendo un’accelerazione in termini di vendite eccezionale.

Con questo sw di base c’era anche Actua Tennis, penso uno dei giochi più insulsi che ho mai visto, e Mario is missing, che invece ricordo come molto divertente.

Anche questo è  uno dei pc che vorrei (ri)comprarmi, ma anche questo è molto caro (si trovano anche a 300 euro), e poi è comunque un bel bestione, se continuassi a comprare roba finirebbe con me che devo dormire sul balcone perchè in casa non c’è più posto.

Scuola?

Mi sono diplomato nel 98 come perito informatico, e lì mi sono fermato.

Niente laurea, mi sarebbe piaciuto, ma avevo deciso di cominciare a lavorare e mantenermi da solo.

 

I cinque anni di superiori li ho fatti all’ITIS, i primi due erano comuni a tutti gli indirizzi, i tre successivi erano invece specifici.

Nel biennio di informatica ce n’era poca.

La maggior parte era laboratorio, dove si usava Lotus 1-2-3 per simulazioni e calcoli per la materia di Fisica.

Ricordo i mitici M24 della Olivetti, già anzianotti allora, ma che hanno supportato, e sopportato, anni e anni di maltrattamenti di studenti che li hanno usati come immondezzaio per qualsiasi cosa saltasse loro in mente.

Monitor a fosfori verdi, case enormi, tastiere grosse e pesanti, tutto in quei pc faceva pensare a “questo è un computer serio, è da lavoro, mica per giocare”.

E non era mica sbagliato. Lasciate perdere le fighetterie dei Mac di oggi, con l’estetica ricercata, la tastiera wireless, il mouse che sembra una scultura moderna; quello era un pc che avresti potuto buttare dal primo piano, e avrebbe continuato a funzionare come niente fosse. Niente fronzoli, solo sostanza, affidabilità e lunga durata.

 

Tornando al laboratorio: virus a manetta, ricordo che uno degli M24 aveva quello che faceva “cadere le lettere”, creando una cascatella di caratteri che scendevano giù, stile Matrix.

Gli hd di quei pc rigurgitavano di porcherie: Dos a cui mancavano degli EXE, gli 1-2-3 che andavano a banane tutte le volte che c’era da stampare (“uhm… mi mancano 50kb sul disco fisso per copiare questo gioco, ‘spetta che faccio un po’ di spazio. Ma si, cancelliamo qualche file da 1-2-3, tanto chi se ne accorge?”), giochi pieni di virus, programmi astrusi (del tipo che ti chiedevano due numeri dicendo di sommarli. Una volta inseriti, si inchiodava), fogli di 1-2-3 lasciati in giro da chissà quanti anni.

 

Nel 96 passai dal biennio comune dell’ITIS al triennio di informatica, che si faceva in un’altra scuola.

Nel laboratorio di informatica feci conoscenza con il concetto di rete (al biennio erano tutti pc stand-alone).

Ottima cosa, del resto. Aumentava le possibilità, per uno studente di 16 anni, di fare casini.

In quei tre anni passai dagli M24 del biennio ai 486.

O meglio, i primi due anni eravamo in un laboratorio al piano terra, dove c’erano ancora degli Olivetti M290, se non ricordo male, col Dos, in cui imparai a mettere insieme qualche linea di C e migliorai il mio Pascal.

Poi passammo a un nuovo laboratorio di informatica, e poi a un’altro ancora, in cui arrivammo a Windows 95.

 

Il laboratorio di Sistemi aveva degli Olivetti pcs44, assolutamente anonimi, ma perfetti per farci girare sopra Sensible Soccer. Quel gioco era dappertutto, in ogni singolo pc c’era.

E quanto ci abbiamo giocato!

 

Ma c’era anche un’altra cosa.

In quegli anni la mia scuola era una delle poche ad avere internet.

Internet + diciottenni; credo abbiate già capito cosa sarebbe successo.

In realtà dal porno ci tenevamo a distanza, girava voce che uno fosse stato beccato a surfare su siti sporcacciosi e fosse stato sospeso.

Per me e il mio compagno di laboratorio il vero spasso su internet era la chat di Radio Deejay.

Quella chat era semplicemente favolosa, almeno per me.

Il divertimento era rompere le balle a chi stava chattando. Cosa da immaturi, certo, ma vi ricordo che si sta parlando di diciottenni che navigavano su internet. Nel 98. Si finiva sempre per insultare a destra e a manca, ricevendo a nostra volta insulti e foto di donne discinte con sotto la scritta “questa è quella tr*** di tua madre”.

 

Tornando a cose più serie, studiammo anche Delphi.

Prima del Delphi avevamo studiato un po’ di Cobol, e quello era piuttosto semplice nel trattamento dei dati. Apri il file, leggi, chiudi. Fine della storia.

Con Delphi ricordo che mi chiesi subito il perchè di tutta la complicazione dei vari oggetti che servivano a manipolare db, tabelle, record.

Riguardo a questo linguaggio mi ricordo anche l’incazzatura del mio professore di laboratorio di Sistemi.

Questo, oltre a insegnare, aveva anche un’azienda di sviluppo, e per Windows sviluppava in Delphi, ma aveva trovato diversi bug.

L’ultimo anno andammo allo Smau, e andò allo stand Borland per chiedere se c’erano delle patch. Questi risposero che si, c’erano, ma a pagamento; diciamo che non la prese molto bene.

 

E arriva il pc

Eravamo rimasti a degli scatoloni la sera della vigilia di Natale.

Ok, dentro quegli scatoloni c’era il mio primo pc.

Un Olivetti PCS86, schermo bianco/nero, tastiera 102 tasti, un drive floppy da 720kb, niente hd.

Insieme al computer c’erano solo i manuali e tre floppy, uno con il dos, l’altro con la diagnostica, e il terzo era tipo “conosci il tuo computer”, ma il tipo del negozio mi aveva allungato anche tre floppy di giochi, rigorosamente piratati.

Uno era Outrun, il secondo era Motogp, e il terzo era F1gp.

Ricordo però che passai tutta la sera a giocare, tant’è che poi a messa di mezzanotte ci andai con gli occhi che bruciavano.

Su quel computer ho mosso i miei primi passi.

Cominciai a comprare delle riviste in edicola, allora c’era la mitica “PcMagazine+Pcfloppy”, che nel dischetto allegato aveva davvero degli splendidi programmi.

Naturalmente però cominciai a volere di più: va bene usare i programmi, ma come si fa a crearne di nuovi?

Con il Dos 3.3 c’era il Gwbasic,e la Olivetti aveva avuto la grande idea di allegare un manuale di riferimento per quel linguaggio.

Per un ragazzo di 14 anni  era un mondo che si apriva.

Fare un programma, non solo usare quelli già fatti.

Beh, certo con un manuale di riferimento e basta, capire come si sviluppa era un bel problema.

Ma poco per volta i sorgenti prendevano forma.

 

Però c’era un problema, volevo sempre di più.

In quei tempi, in un piccolo paese come il mio, non era davvero semplice procurarsi compilatori o programmi, anche copiati, tutt’altro.

Avevo un paio di amici che mi passarono qualcosa.

Il primo, A., mi passò, oltre a qualche gioco, il Turbo Pascal. Che versione non ricordo, ma aveva il suo IDE, ci andavo davvero matto, e in pochissimo tempo il basic finì nel dimenticatoio.

L’altro, D., mi passò, oltre a qualche gioco (tra cui ricordo Guerilla War), mi passà anche un bel virus.

Il bastardone era il Jerusalem B, che oltre a tutto il resto aveva un bug (credo fosse un bug, altrimenti lo sviluppatore che ha scritto quel virus era un emerito idiota) che  lo portava a reinfettare continuamente, a ogni avvio, gli eseguibili già infetti, il che li faceva gonfiare come palloni, al punto che un EXE diventava così grande da non entrare più in ram.

Un amico dei miei si offrì di pulire il tutto, ma il problema era che da poco avevo fatto installare un hd, il che voleva dire quasi sicuramente che sarebbe stato da zappare, cosa infatti dovemmo fare.

Ripartire da zero fu davvero difficile: mi era rimasto il Dos, il Pascal, i miei sorgenti e poca altra roba, il resto era kaputt.

 

 

Cosa c’era prima?

Prima di che?

Del mio primo computer, ovviamente!

Diciamo che quel qualcosa, quell’essere attirato dai computer, ce l’ho sempre avuto.

Il mio primo contatto con l’elettronica è stato credo a 6 o 7 anni, quando mio padre mi ha comprato un videogame.

Era un gioco di auto, molto semplice, anzi diciamo grezzo.

Poi è arrivato un regalo di mio zio, che mi aveva passato il vecchio videogame del figlio.

Era Pong, o meglio, uno dei millemila cloni che in quegli anni il mercato stava tirando fuori. Anche se a essere precisi ormai Pong era passato di moda da un pezzo, ma un regalo così buttalo via!

Mio zio mi aveva regalato il Pong perchè al figlio aveva comprato per Natale quello che per me è stato amore a prima vista.

L’Olivetti PC128S. Ancora oggi leggendo questo nome mi emoziono.

Mi ricordo ancora, trent’anni dopo, di mio cugino che ci faceva vedere a usare il programma di disegno e i suoi giochi.

Splendido, e me lo comprerei volentieri anche oggi, se non costasse un’occhio.

Ci morivo dietro, niente da fare.

Poi un’altro cugino aveva uno Spectrum, però non sembrava molto interessato a quella macchina, gli piacevano di piùi giocattoli tradizionali, e io non ebbi modo di metterci su le mani.

Un mio amico aveva un C64, ma ci giocava solo, per lui praticamente la tastiera non esisteva. Metti cassetta e gioca, quello si faceva a casa sua.

 

Qualche anno dopo, penso fosse l’89 o il 90, io e la mia famiglia andammo a una di quegli eventi in cui gli organizzatori vendevano i C64 con insieme l’enciclopedia “elettronica”.

Il tipo spiega la rava e la fava, e poi spara il prezzo: mi sembra di ricordare che per un C64 e l’enciclopedia (che alla fine erano delle cassette con una bella scatola) ci chiese 2.500.000.

Ovviamente mio padre non abboccò, cosa che mi lasciò l’amaro in bocca.

Questa delusione durò ben poco, perchè poi la sera della vigilia di Natale 90, o 91,  arrivò un tipo con dei grossi scatoloni.

Ma questa è un’altra storia.

 

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